Perugia, il riscatto degli operatori sociali

Perugia, il riscatto degli operatori sociali

A Perugia gli operatori sociali del sistema dell’accoglienza straordinaria non sono rimasti fermi a subire. Inquadrati con contratto di collaborazione coordinata e continuativa ma esposti a tutti i rischi derivanti dall’agire in un contesto di sofferenza, fin dal gennaio 2017 sono stati scaricati dall’aggiudicataria dell’appalto prefettizio, Arcisolidarietà, che aveva deciso di non rinnovare i contratti.

Gli Operatori sociali Autorganizzati di Perugia aprono così una vertenza nei confronti di Arcisolidarietà Ora D’Aria Onlus. La richiesta principale riguarda «la necessità di avere un contratto di lavoro di carattere subordinato che superasse i famigerati contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co) imposti da Arcisolidarietà Perugia», scrivono in un comunicato stampa. Nessuno di loro ha ricevuto la necessaria formazione e i carichi di lavoro sono spropositati, volti a massimizzare il loro impiego con l’assegnazione di 30-40 migranti per lavoratore. Tutti i ‘collaboratori’ dichiarano di aver iniziato a lavorare per Arcisolidarietà ancor prima di firmare il contratto e solo successivamente veniva “regolarizzata” la loro posizione lavorativa attraverso – appunto – un co.co.co.

La paga prevista non supera gli 800 euro al mese,

tecnicamente un “cottimo di esseri umani”: ogni operatore veniva retribuito in base al numero di utenti che gestiva, determinando di fatto un corto circuito lavorativo. Per poter arrivare a fine mese ad uno stipendio “dignitoso” eravamo costretti a seguire quotidianamente almeno tra i 30 e i 40 richiedenti asilo (Operatori Sociali Autorganizzati – Perugia).

Solo pochi giorni fa sono state chiuse le vertenze con un’importante vittoria per gli operatori sociali. Arcisolidarietà ha preferito accordarsi con i lavoratori piuttosto che continuare i sei processi. L’associazione ha versato agli operatori le dovute somme, «riconoscendo fino al 40 % dello stipendio
percepito da un operatore nell’ultimo anno di lavoro».

Nelle aule di tribunale, ci siamo trovati ad essere il primo caso a livello nazionale di operatori sociali dell’accoglienza che, come nel caso dei riders, rivendicano la subordinazione e i diritti connessi.

Della vicenza, ciò che più colpisce è il silenzio dei sindacati, specie di CGIL, la quale ha tentato di dissuadere i lavoratori dall’avvio della vertenza e ha invece caldeggiato una proposta di conciliazione fra le parti, insoddisfacente per i lavoratori e molto cautelativa nei confronti di Arcisolidarietà. «Altrove», ricordano gli operatori, «ad esempio a Bologna, CGIL e Arci hanno sottoscritto accordi per garantire a tutti i lavoratori coinvolti la copertura dell’art. 18, mentre a Perugia, in Arcisolidarietà c’erano solo co.co.co. a scadenza».

Questa vicenda è un’ulteriore testimonianza che il lavoro professionale, nell’ambito dell’accoglienza fatta in base al modello emergenziale dei CAS (centri di accoglienza straordinari) e dei bandi prefettizi, è denigrato al punto tale in cui, non solo non viene pagato il giusto, ma anche non riceve un’adeguata preparazione nell’affrontare la complessità umana che si trova a dover gestire. Un fatto doppiamente non sopportabile se, fra gli aggiudicatari dei bandi CAS, troviamo associazioni che riferiscono alla galassia di Arci.

Davide Serafin

Di Alessandria. Ha scritto gli ebook '80 euro di Ingiustizia Sociale' – 2016, V come 'Voucher – La nuova frontiera del precariato' – 2016 e 'Il Volo dei Gufi' - 2018, raccolta degli articoli scritti per i Quaderni di Possibile negli anni (2015-2018) - www.ilvolodeigufi.com - www,giustapaga.it - twitter: @yes_political
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