A parlare di salario minimo, anche stando attenti a come vi muovete, si rischia di far danno ugualmente, specie se indossate scarpe troppo grosse. Scarpe come quelle di un presidente di Regione, per intenderci.
Il seppur nobile intento di intervenire sui guasti della Gig Economy avviando «una consultazione pubblica, aperta alle forze politiche, sindacali, e delle imprese, alla partecipazione propositiva di singoli cittadini, di studiosi, di lavoratori che hanno sperimentato personalmente questa condizione, ma anche delle aziende che operano nella gig economy» fatta dal presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, sconta un certo qual ritardo che non è possibile non notare. Perché Zingaretti si inserisce in un contesto sovrapponendosi in via prioritaria, quando al suo interno già operano – forse con una visibilità poco manifesta – differenti attori e organizzazioni, soprattutto provenienti dall’autodeterminazione degli stessi fattorini.
Lo fa avviando una consultazione pubblica su un testo, una memoria approvata ieri dalla giunta della Regione Lazio, denominato Foglio dei diritti del lavoro digitale. Una consultazione pubblica di soli venti giorni:
La Regione avvierà infatti una fase di Consultazione pubblica a partire dal prossimo 25 maggio, della durata di 20 giorni, con una sezione del sito www.regione.lazio.it dedicata alla raccolta di proposte per la definizione degli strumenti e strategie da perseguire, secondo una logica di processo partecipato, condiviso e aperto.
In particolare, la consultazione pubblica avrà come oggetto “Il Foglio dei diritti primari del lavoro digitale” dedicato ai lavoratori e alle lavoratrici che operano mediante l’utilizzo di piattaforme collaborative digitali e che interviene su numerosi aspetti tra cui forme di tutela del lavoro, compatibili con le norme nazionali (prerogative di natura assicurativa, previdenziale e di salute e sicurezza); forme di garanzia (salario minimo individuato in sede di contrattazione collettiva, rifiuto del cottimo, manutenzione dei mezzi, indennità in casi particolari, obbligo di informazione, diritto alla formazione); strumenti permanenti di confronto tra le Parti sociali, anche al fine di rafforzare il Patto per il lavoro; strumenti di informazione, anche a partire dalla rete regionale dei Centri per l’impiego.
Che cosa offre di nuovo il presidente della regione Lazio? Un tavolo di discussione, una proposta – quella del salario minimo, condita con altri strumenti, quali assicurazioni e indennità particolari, che anche su queste pagine avete letto – che in realtà non può essere stabilita da una giunta o in un consiglio regionale stante alle materie di competenza esclusiva definite dall’art. 117 del Titolo V della nostra Costituzione. Nella sostanza, è una non soluzione. Una strategia schiettamente politica destinata a schiantarsi contro il muro costituzionale. Come afferma lo stesso Zingaretti, nelle parole raccolte da Il Manifesto.
Questa è una materia nazionale ed è sottoposta ad una legislazione di competenza del Parlamento. Però credo sia un atto da compiere ugualmente per mettere in campo una provocazione politica. Sarà divertente vedere un governo che cancella diritti che riguardano tanti ragazzi, e non solo.
Non c’è niente di divertente nell’usare i diritti dei lavoratori per fare bagarre politica. È qualcosa di talmente sciocco e stupido da non figurarsi nemmeno che azioni come questa non fanno altro che approfondire la distanza con la politica, anziché ridurla.
Il salario minimo orario è uno strumento che è già sufficientemente inviso ai sindacati tradizionali, anch’essi in ritardo nel capire l’evoluzione del mercato del lavoro, della disruption del diritto del lavoro portata dall’economia delle applicazioni, per buttarlo nella mischia senza alcuna fase preparatoria. Con il rischio di far apparire complicatissimi, strumenti che invece sono molto semplici e che servono alle organizzazioni dei lavoratori, specie nella fase della contrattazione salariale. E che servono ai lavoratori stessi, specie per quelli che operano in settori in cui la contrattazione collettiva normalmente non esiste.
Il salario minimo non è un appiglio per politici che scivolano via sul piano inclinato della contingenza. Il salario minimo serve ai lavoratori, in ottica preventiva. Serve alla contrattazione collettiva, che da anni non riesce a spuntare incrementi della retribuzione sufficienti per il recupero del potere di acquisto dei salari.